Intervista a cura di Stheffany Camargo
Chi sei?
Credo che definirsi sia uno dei modi più ignoranti per limitarsi. Qualsiasi sostantivo o attributo limita, di fatto, le reali possibilità dell’essere umano che - se d’essere umano si parla e non di sopravvivente - di certo egli non vorrà mai porre limiti alle proprie possibilità di evoluzione. Neanche queste parole riescono a descrivere efficacemente chi sono perché è già forte in me il desiderio di contraddirmi, di rimescolare pensieri e ragionamenti. Chi sono? È forse più divertente che siano altri a tentare di dare una risposta a questa domanda.
Cosa pensi dell’importanza riservata all’estetica nel mondo contemporaneo?
Oggi la maggior parte delle persone non possiede null’altro che la propria apparenza, di ordine fisico, emotivo e intellettuale. D’altronde la società dell’immagine spinge il singolo verso esperienze subitanee e destrutturate, refrattarie ad ogni approfondimento e basate sulla prima impressione. È necessario sviluppare un amore per le persone che si frequentano e per ciò che si fa, questo amore nutre l’anima, la rende bella e forte, e questa bellezza arriva all’esterno, così l’apparenza scompare e fa spazio ad una reale profondità.
La conoscenza viene dai libri?
La conoscenza viene anche dai libri e i libri sono stati scritti da persone che hanno osservato l’universo intorno a loro e hanno analizzato, pensato e poi riproposto, tramite diversi codici (il cinema, la fotografia, la letteratura…) ciò che avevano appreso. Io consiglierei a chi cerca una vera conoscenza di incontrare quelle persone che non smettono mai di cercarla. Durante gli ultimi sette anni ho realizzato documentari o, come amo chiamarle, “biopoetiche” (cioè “visioni della vita”) su alcuni fra i più grandi artisti e intellettuali al mondo e devo dire che proprio da loro ho appreso dei concetti e dei modi di vivere - di essere sereno e forse anche di aspirare ad una certa felicità - che non avrei mai potuto apprendere dai libri.
Come si insegna a scrivere?
Non credo si possa insegnare a scrivere se prima non si è capaci di leggere ciò che è scritto dentro di sé. Poi si può aiutare qualcun’altro a codificare il proprio linguaggio interiore e ricodificarlo tramite alcuni media; solo in seconda battuta è poi possibile insegnare le regole tecniche della scrittura giornalistica, della graphic novel, del cinema e della letteratura… e in quel caso si spera sempre che l’interlocutore, queste leggi, cerchi di evaderle.
Sei politicamente schierato?
Il sistema politico odierno è difficile da correlare ad un sistema fondato sulla giustizia sociale. Trovo sia giusto aderire a movimenti o ad azioni tese ad miglioramento oggettivo delle condizioni delle classi più disagiate. Mentre considero davvero stupido aderire a movimenti o partiti politici il cui profilo ideologico è solo una maschera strumentalizzata da persone di potere che troppo spesso usano questo potere per trarre benefici personali.
Cosa pensi della censura? C’è qualcosa di cui non si deve parlare?
Credo che se una persona ha problemi a parlare di un determinato argomento, di sicuro ha dei problemi legati all’ascolto della propria interiorità e una scarsa apertura mentale. La censura, legata a determinati contenuti storici o a determinate persone è grave solo in parte, soprattutto se genera un moto di rivolta intellettuale che opera al fine di smascherare questa censura. Forse una delle forme più feroci di censura è l’autocensura che molti artisti o presunti intellettuali operano al fine di arrivare al successo poiché il sistema di edizione e di distribuzione richiede di seguire una determinata linea editoriale. Costoro non fanno altro che castrarsi per una beatificazione di massa ammaestrata e ignorante.
Come si raggiunge la maestria in arte?
Sono dell’idea che la maestria in un singolo campo presupponga due qualità: umiltà e polivalenza. La realtà è l’insieme dei rapporti tra tutti gli elementi che la abitano, quelli visibili e quelli invisibili. Per un artista è necessario conoscere il maggior numero di elementi coesistenti nella realtà per poterla smontare e riordinare tramite una propria logica, subordinata di volta in volta al messaggio e al mezzo comunicativo utilizzato.